Sarà quella A appuntita, seguita da una g tutta a curve, quell'accento sulla è o più semplicemente il suono di cinque lettere assieme. Saranno le sue lunghissime pareti Nord che precipitano nell'intrico del bosco, che la rendono una delle architetture più affascinanti e romantiche delle Dolomiti, come un castello incantato in una storia di principesse e cavalieri: Agnèr

La via Vinci-Bernasconi

"Sopra la valle sono nate le stelle e i fiumi rilucono.Ci guardiamo: vedo il volto del compagno, già scavato,come il mio, dalla fatica, un mucchio di stracci, i ferri appesi alla parete, un ammasso di cordame fradicio, l'abisso paurosamente pieno di buio, forme nere di montagne enormi e un poco di luce nel cielo pezzato nel dedalo delle valli dolomitiche. E noi chi siamo? Due mucchi di stracci con una piccola vita dentro, che palpita come una farfalla, pieni di freddo, e la nostra volontà una vana voce contro la potenza della natura alpina: povere cose..." 

Testo tratto dal racconto “La parete Ovest del Monte Agner”, di Alfonso Vinci.Nell'immagine a sinistra lo schizzo della via sulla parete Ovest che accompagna lo scritto

Nel 1939 Alfonso Vinci e Gianelia Bernasconi compirono quella che loro stessi definirono una ascensione grandiosa, di complessa concezione tecnica e alpinistica, tra le più lunghe delle alpi in genere [1].Dopo essere stati guidati da un pastore attraverso l’intrico del bosco, attaccarono dal basso del Van del Piz, lungo lo zoccolo della Torre Armena e proseguirono poi violando per la prima volta la parete ovest del gigante Agner. La scalata durò ben tre giorni e fu una vera e propria odissea.Complice il maltempo, che costrinse i due ad attendere due giorni prima di attaccare la parete fradicia, caratterizzata da un’arrampicata “faticosa ed arrischiata, ma in compenso incomparabilmente elegante”, che li mise a dura prova. Fra minutaglie di scaglie taglientissime, su cui si gioca molto di equilibrio e di fortuna, fessure assaltate alla “Dulfer” [1] e bivacchi improvvisati su sottilissime cenge, solo il mitico “superalimento Vinci” (un chilo di pasticcio fabbricato dallo stesso Alfonso) riuscì a risollevare gli animi.L’emozionante e divertente racconto di Vinci prosegue, descrivendo una scalata sempre più esposta e di difficoltà estreme, in cui nemmeno l’arrivo in vetta sarà dei migliori: a cogliere i nostri infatti la notte e l’ennesimo, violento temporale. Minuziosa descrizione che non ha paragone con la solare, rapida e velocissima cavalcata raccontata da Oscar Soravito sul lunghissimo spigolo Nord salito pochi anni prima, il 19 Agosto 1932, dalla cordata Gilberti-Soravito nella quale fortuna, abilità, intuito, affiatamento della cordata, freschezza atletica furono i fattori del successo [2]

[1] Alfonso Vinci, “La parete Ovest del Monte Agner”, in Le Alpi n° 8/9, 1939-40[2] Oscar Soravito, “Una vita in montagna”, ITC srl stampa, 2001

18 luglio 2015Sento ancora l'acqua gelida del torrente Tegnas, che avevamo dovuto guadare poco dopo la partenza dalla Valle di San Lucano. Ci rivedo tribolare fra agli arbusti qualche ora più tardi, in cerca di una traccia verso il Vallon delle Scandole e poi su, sino allo zoccolo della Torre Armena, al cospetto del gigante. Ricordo i mille dubbi e le preoccupazioni, poi quel divertente diedro che contro ogni aspettativa ci ha portato al centro di un immenso spazio grigio. Sotto il sole cocente di quella splendida giornata quella parete non aveva più l'austera severità di una Nord, ma si era tramutata in un viaggio entusiasmante.

Quel giorno ho osservato spesso il Pilastro Bee, fresca di lettura del bellissimo libro su Riccardo, la sua vita ed il suo alpinismo autentico. All'inizio dell'estate avevo anche avuto modo di vedere il Burel, un'altra di quelle montagne selvagge tanto care ad “uno che l'avventura l'aveva dentro”.Non si poteva scalare sulla Ovest dell'Agner senza pensare a Riccardo Bee, che probabilmente proprio in occasione della ripetizione solitaria invernale della via Vinci-Bernasconi aveva notato il Pilastro tracciandone successivamente il suo capolavoro. E che pochi mesi più tardi sulla parete Nord-Est aveva anche tragicamente concluso la sua esistenza.

Questo scatto ritrae uno dei tratti centrali della Via Vinci-Bernasconi, in vista del Pilastro e dell'enorme camino oggi occupato dalla nota direttissima “Tango per Marinella”, il sogno del “Mass” realizzato da Ivo Ferrari e Renzo Corona nel 2009.Il ricordo di due splendide giornate ed un piccolo omaggio alla Valle dei Sogni, al Gigante Agnèr e a quell'uomo che ha amato così in profondità le sue rocce ed ha saputo, con spontaneità e riserbo fronteggiare le sue ardite vesti realizzando da solo itinerari ad oggi ancora poco o per nulla ripetuti, vie del passato per l'alpinismo del futuro (cit. Ferrari)

Note sulla via Vinci-Bernasconi

difficoltà - IV, tratti di Vdislivello - oltre 2000 mttempo - 5h di avvicinamento,10h la via, 4h il rientro a Frassené

partenza - Col di Prà, 840 mtquota max - Agnèr, 2.871 mtappoggio - bivacco Biasinin discesa

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sul Monte Agnèrper approfondire vedi

AGNÈR, IL GIGANTE CON IL CUORE

su Riccardo Beeper approfondire vedi

La faccia di quelli veri