Percorriamo in una giornata uggiosa la poco battuta strada provinciale che da Castelli porta alla piana di Campo Imperatore; da qui solo parzialmente si intravede l'aspra parete Nord del Monte Camicia, 1200 metri che precipitano sulle morbide colline di questo piccolo borgo, invaso da turisti. Da questo lato il massiccio acquisisce tutt'altra faccia, rispetto a quella dolce e soleggiata distesa di roccia compatta, apprezzabile da Prati di Tivo. Il pensiero non può che andare ai recentemente scomparsi, Roberto Iannilli e Luca D'Andera, e ad una riflessione, forse troppo intima e complessa, sul nostro senso dell'avventura, e su l'avventura che questi due grandi hanno sempre ricercato, esplorando gli angoli nascosti di questo massiccio. Con lo spirito di chi desidera semplicemente assaporare la vita lontano dalla routine quotidiana, unito ad un'immenso amore per queste montagne, le loro montagne. Raggiungiamo dopo numerosi tornanti la piana, dove le nubi d'improvviso lasciano spazio ad una vasta prateria verde, cui nessuna foto riesce a restituirne la bellezza. Sembra proprio di essere in un film Western, con mandrie di cavalli, mucche e capre che si muovono in questo piccolo Tibet (cit. Fosco Maraini).Campo Imperatore è zeppo di persone d'ogni tipo, molte delle quali appena scendono dall'auto immortalano il paesaggio circostante. Io guardo verso il rifugio Duca degli Abruzzi sperando che si scopra la vista sulle pareti retrostanti. Un attimo, e si intravede il profilo del Corno Grande, che subito si nasconde nuovamente. Purtroppo oggi il tempo non ci concederà che una passeggiata sino al rifugio.

Le Spalle del Corno PiccoloNon meno affollato nei fine settimana è il sentiero che dalla Madonnina conduce alle spalle del Corno Piccolo, il luogo in assoluto più frequentato dai rocciatori. Saliamo un sabato, il cielo è di un'azzurro acciecante e c'è un gran trambusto sulle pareti.Fra queste compatte rocce si respira un clima tutt'altro che severo, quasi sportivo, se non sapessimo che nell'intrico di spit che oggi percorrono ogni centimetro di queste placche, vi sono anche linee alpinistiche che hanno fatto la storia di questo luogo, sopratutto a partire dagli anni settanta e grazie a figure di spicco, di cui l'esempio più rappresentativo rimane il romano Pierluigi Bini.Questo rivoluzionario alpinista, oltre a collezionare una serie di prime solitarie d'eccezione sulle alpi, tra i '70 e gli '80 apre in Gran Sasso anche vie nuove, di cui l'esempio più noto è la via Il Vecchiaccio, con il tiro più difficile di VI grado realizzato all'epoca nel massiccio, senza protezioni intermedie. Ma questa linea rimane nella storia anche come esempio, del nuovo alpinismo di cui Bini si era fatto portatore, teso a distruggere certi schemi culturali. Vito Plumari alias Il Vecchiaccio non era altro che un anziano bidello di scuola, legato a Pierluigi da una profonda amicizia.

Decidiamo di percorrere proprio questa via oggi, l'unica stranamente priva di rocciatori. Un'ascensione divertente e che ci tiene, almeno in parte, lontani dalla folla, assaporando meglio ogni tiro di questa bella linea.Lo stesso giorno ripetiamo anche la entusiasmante via Mario-De Filippo, sulla prima spalla, altra storica linea aperta nel 1962, effettuando un concatenamento che ci permette di muoverci con le scarpette ai piedi fino a sera.

La vista più romantica di questa isola di calcare è quella che ci si presenta dal sentiero dell'Arapietra, nel tardo pomeriggio. Da qui la prospettiva più ampia ci permette di ammirare tutta la maestosità del Corno Grande, le cui morbide pendici vanno a disegnare il Vallone delle Cornacchie, la conca in cui sorge il rifugio Franchetti.Ben visibile è anche la vetta del Corno Piccolo, insieme alle sue spalle, che ci appaiono come una goffa estensione della cima più alta.

Il Monolito e le Fiamme di PietraMa da qui il Corno Piccolo ci mostra, almeno in parte, anche la sua parete Est, che si innalza a destra del sentiero che conduce al Franchetti.Il Monolito, un muro verticale di roccia compatta, è l'unica parete attraverso le cui vie, si raggiunge la massima elevazione di questa complessa conformazione rocciosa. Dagli anni cinquanta ad oggi sono stati aperti anche qui numerosi itinerari, anche di elevata difficoltà.Noi ripetiamo la via Di-Federico-De-Luca (Giampiero Di Federico, Enrico De Luca, 1980), che sale a destra della storica prima linea della parete, (la via del Monolito aperta da Franco Carvino, Lino D'Angelo e Silvio Jovane nel 1956) superando brillantemente, con alcuni fotogenici traversi il grande tetto centrale, poi affrontato direttamente da Iannilli e compagni (Andrea Troiani ed Enrico Pastori) nel 2000, con l'apertura di Ciao L'U (VIII e A).

Simile al Monolito è la bastionata di rocce che caratterizza il versante Sud del Corno Piccolo: le Fiamme di Pietra, un piccolo angolo nascosto, in cui si può godere d'una arrampicata quasi granitica.Corre voce che il loro nome sia stato dovuto all'idea romantica che esse prendano letteralmente fuoco stagliandosi sul rosso dei tramonti estivi. Osservate dal sentiero che conduce alla Sella dei Due Corni, si presentano come una complessa costruzione di guglie, torrioni e campanili da cui emergono le due vette principali: la Punta dei Due, sulla cresta Est del Corno Piccolo, ed il Campanile Livia, che guarda invece al Vallone dei Ginepri.Nonostante la brevità delle linee, in questo brandello di rocce, lontano dal parco giochi delle Spalle, riusciamo finalmente a sentirci un pochino meno turisti.

Non abbiamo dimenticato di buttare l'occhio sulle pareti del Pizzo di Intermesoli, percorrendo la Val Maone, una splendida distesa verde che un tempo ha ospitato uno dei ghiacciai più grandi dell'Appennino. Oggi tra i suoi massi sorgono diversi settori di arrampicata Boulder, che hanno reso nota e frequentata questa valle, tant'è che vi si celebra un meeting, proprio di Bouldering. Così lasciamo questa isola di calcare appenninico avendone soltanto "assaggiato" la pietra, e con il rammarico di non aver avuto abbastanza tempo per "perderci" su almeno una delle sue grandi pareti. Ma come sempre ci diciamo alla fine di un'avventura:sarà un buon motivo per tornare...

Info generali sulle vie che abbiamo percorso

Corno Piccolo, II Spalla - Il Vecchiaccio
Via molto nota, aperta da un fuoriclasse dell’epoca, Pierluigi Bini, insieme a Massimo Marcheggiani e Vito Plumari, nel luglio del 1977, e dedicata proprio a Vito, soprannominato “Il Vecchiaccio”, uno dei compagni di cordata più cari a Bini, con il quale scalò per diversi anni. Salita imperdibile di media difficoltà.
difficoltà - V, p. di VI
sviluppo - 200 mt

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Corno Piccolo, II Spalla - Aquilotti '75
Questa via, aperta dalla guida “storica” Lino D’Angelo, insieme a Enrico De Luca, il 10 settembre 1975, è una delle più classiche e ripetute, svolgendosi per gran parte per logiche e divertenti fessure. Fa eccezione il traverso nella parte alta, un buon VI grado su roccia compatta, e la difficile fessura di uscita, un tratto comunemente salito in artificiale.
difficoltà - VI e A0/A1
sviluppo - 200 mt

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Corno Piccolo, I Spalla - via Mario-Di Filippo
La via “Mario-Di FIlippo” è una via logica bellissima, che segue una serie ideale di fessure su roccia compatta sul lato sinistro della parete. Particolarmente belli i due tiri centrali per un diedro-lama regolare, di sicura soddisfazione e divertimento.
difficoltà - V+
sviluppo - 190 mt

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Fiamme di Pietra, Punta dei Due - via Gervasutti
Bella e storica arrampicata per elegante spigolo, fra le più frequentate delle Fiamme di Pietra, aperta dal noto Giusto Gervasutti ed Aldo Bonacossa il 2 ottobre del 1934.
difficoltà - max pp. di VI-
sviluppo - 130 mt

Fiamme di Pietra, Campanile Livia - via Valeria
Una delle vie più facili delle Fiamme di Pietra, fra le più ripetute del massiccio del Gran Sasso.
difficoltà - max IV+
sviluppo - 125 mt

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per le informazioni più specifiche consultare le guideIl Chiodo Fisso. 280 vie di roccia sul Gran Sasso d'Italia, di Piero Ledda, ed. Il Lupo, 2012Gran Sasso. Vie classiche, moderne e d'avventura, di Alberto Bazzucchi ed Igor Brutti, ed. Versante Sud, 2012