Brenta Alta, via Detassis

“Quando non avevo nulla da fare mi recavo alla Busa degli Sfulmini per ammirare quelle specie di cattedrali naturali. Mi colpì la Nord-Est della Brenta Alta e pensai: Quanto sarebbe bello avere le ventose e arrampicarsi su quella lavagna! Per la sua conformazione la chiamai la Regina delle pareti del Brenta”. Così Bruno Detassis ricordava la splendida parete Nord-Est della Brenta Alta, dopo l’apertura, insieme ad Enrico Giordani ed Ulisse Battistata nel 1934, del noto itinerario che per due giorni, in avverse condizioni atmosferiche, non dette tregua alla cordata. Sino alla guerra, questa ardita arrampicata, chiamata “via Trento” dagli apritori, rimase la più difficile delle dolomiti di Brenta, contando 17 chiodi per 550 metri di sviluppo su difficoltà superiori al VI grado in parete aperta. Fu proprio a causa della sua scarsa chiodatura che per decenni numerose cordate preferirono il vicino più atletico ma “sicuro” diedro Oggioni-Aiazzi.
Le stupende placche compatte della via di Detassis e compagni, furono riscoperte solo negli anni ottanta, anni in cui questo capolavoro diventa un’itinerario molto frequentato e di moda.

gruppo Brenta centraledifficoltàVI+sviluppo550 mt quota max2.960esposizioneNord-Esttempo8-9 oreappoggioRif. Tosa-Pedrottidata18/08/17

L’arrampicata è quasi tutta in parete aperta, per placche, diedri e fessure superficiali, raccordati da un buon numero di traversi che ricercano, come diceva proprio Detassis “il facile nel difficile”.
L’itinerario dei primi salitori è stato negli anni un poco “ritoccato”, con un percorso che evita continui andirivieni (vedi cengia nella parte bassa).
Ci è rimasto il dubbio su quale sia il percorso originale sotto la cengia mediana, poiché in alcune relazioni si dice di salire per il colatoio della via Elisir (Buscaini – “Le dolomiti occidentali”, Planetmountain, Samuele Mazzolini) mentre in altre viene descritto un percorso più diretto (Nicolini – “Le perle del Brenta”, Buscaini – Castiglioni – “Dolomiti di Brenta”, CAI-TCI). Personalmente trovo che il colatoio sia una soluzione logica e sicura, anche se si traversa molto. Sulla parte alta dell’itinerario invece i primi salitori traversarono a sinistra, a causa del maltempo, ma nel corso degli anni si è scoperto che le varianti più dirette salgono su roccia mediocre, perciò oggi l’uscita originale per il canale è ancora la più consigliabile.
La roccia è ovunque ottima. Le soste sono attrezzate e la chiodatura a volte è precaria (a causa del deterioramento nel tempo), ma si può agevolmente integrare con friend.
Abbiamo salito questa via per buona parte in nebbia, cosa che su questa parete accade di frequente. Nonostante questo, seguire la via corretta non è stato problematico.
La parte più impegnativa si trova nel tratto centrale, tra le due cenge; una lunga parete che può essere valutata di VI+, per la continuità.

Avvicinamento

Noi abbiamo pernottato al rifugio Tosa-Pedrotti, poiché l’avvicinamento è decisamente più breve e facile. Dal rifugio si scende verso Molveno imboccando il sentiero Orsi. Si segue il sentiero sino a quando ci si trova in vista della parete. A questo punto si abbandona il sentiero e per ghiaie si raggiunge in breve l’attacco.

Tempo – 30-40 minuti dal rifugio Tosa-Pedrotti

N.B. Per raggiungere il rifugio Tosa-Pedrotti vi sono diverse possibilità, sia da Molveno che da Madonna di Campiglio. A tal proposito vi consigliamo di consultare il sito del rifugio, ove sono descritte tutte le vie d’accesso.

Descrizione dei tiri

Si attacca nell’unico punto vulnerabile della parete, presso una evidente lama alla cui base si trova un chiodo con cordino.

L1 – Superata la breve lama (V+) portarsi a sx ed uscire da un diedro sfruttando una seconda lama (visibile un cordino della via Elisir in alto nel diedro). Traversare in placca orizzontalmente, salire un breve diedrino e portarsi sotto ad un diedro più grande ed evidente a sx. Sosta chiodata. 35m, V+

L2 – Salire il liscio diedro fessurato ed uscirne a 1m a sx (2ch) 2-3m sotto al tetto che lo chiude. Continuare dritti per roccia nera (chiodi) trovando presto una sosta scomoda. 25m, V+

L3 – Si aggira a sx lo strapiombo sopra la sosta. Si rinviene una seconda sosta più scomoda. Da qui ci si porta in placca a sx e si sale cercando gli appigli buoni per circa 5m (chiodi sparsi), quindi si esce a dx prendendo una cengetta. Conviene traversare a dx raggiungendo una sosta attrezzata sotto una fessura. 40m, V+

L4 – Sopra la fessurina (IV+) portarsi ancora a dx ad un altra sosta su cengia. [Ho provato a salire verso sx per una lama fin sotto una fessurina nera, ma non vedendo chiodi sono tornato sui miei passi. Non sembra difficile, ma non è facile proteggere]. 20m, IV+

L5 – Si traversa ancora qualche metro a dx prendendo un breve camino grigio slavato. Con un breve giro a dx (1ch venuto via con le mani…) si sale per il punto più facile (V, cless). Quindi si piega a sx ad una cengia (2ch) che muore presto presso una sosta con 3ch collegati. 30m, V

L6 – Traversare appena sotto la sosta, superando un passo delicato presso uno spigoletto in discesa (1ch+1cless). Poi continuare agevolmente per cornici e rocce facili in direzione di un evidente pilastrino in piedi sulla cengia. Sostiamo prima di esso, su 2ch. 35m, IV+ e III

L7 – Traversare in cengia (facile) oltre il pilastrino e fermarsi alcuni metri dopo, alla base di un diedro superficiale. Sosta su 2ch. Ometto e cordino visibile in alto, nonché 1 friend incastrato alla base del diedro. 20m, facile

L8 – Salire il diedro liscio per 10-15m (1ch, utili friend), per passare poi a dx ad un sistema di fessurine che portano progressivamente in direzione di un pilastrino che forma diedro. Sosta su gradone con 2ch (altra sosta su 3ch poco più sopra). 30m, VI-

L9 – Oltrepassati i 3ch rimaniamo a sx per diedro strapiombante (pare possibile anche arrampicare in placca a dx del pilastro). In cima al pilastro (eventuale comoda sosta su clessidrona) si attacca una breve placca molto liscia (VI, 1nut+1ch ballerino) che consente poi di passare a dx a delle cenge. Sosta non buonissima in una nicchia, su 2ch. 30m, VI

L10 – Traversare 5-10m in cengia e dove è facile salire per 3m ad un altra cengetta dove si sosta su 2ch. Si può anche superare subito uno strapiombino (V) e poi traversare. 20m, V

L11 – Tiro chiave – chiodato ed in linea generale evidente. Si attacca una fessurina subito difficile (1ch), poi agevolmente (2ch) e poi di nuovo verticalmente con arrampicata sostenuta per esile fessura, che necessita di spostamenti intelligenti. Quando la fessura diventa più difficile, presso un dado incastrato, ci si porta 2m a sx ad un altra fessura con chiodi. In cima a questa (cless) si traversa in obliquo a dx (2ch accoppiati con cordino) alla sosta su cornice. 3ch a dx + volendo 2ch distanziati a sx. 40m, VI+

L12 – Tiro “del pendolo” – Salire per evidente fessura (ch), oltrepassare una lista orizzontale che a sx porterebbe ad una sosta scomoda. 1-2m più sopra si traversa a dx a dei chiodi con cordino e maillon. Noi ci portiamo al successivo vecchio chiodo con cordini, da dove si rinvia e si scende assicurati dall’alto per difficile placca di 5-6m (VI+). Più facilmente si risale (non rinviare bassi!) alla sosta con 2ch (integrabile). Il secondo di cordata può essere calato utilizzando una delle 2 corde. 30m, V e VI+ ( o pendolo)

L13 – Salire brevemente ad un tetto giallo (ch) ed uscire sulla placca di dx. Si scala un diedrino (2ch) e se ne esce con passo atletico ed esposto verso dx (1ch con cordone). Salire più facilmente ad una comoda sosta all’inizio di un largo camino giallo. 30m, VI-

L14 – Salire per il camino. La strozzatura terminale (cless con cordone alla base) è forse convenientemente evitabile arrampicando sulla sx, altrimenti si passa su strettoia un po’viscida e friabile (1cless). Sosta presso una cengetta a sx degli strapiombi che chiudono il camino. 45m, IV e p.V

<<uscita originale>>

L15 – Traversare orizzontali a sx ed oltre lo spigolo salire ad una cengia. Traversare a sx. Sosta da attrezzare (cless). 40m, III e II

L16 – In questo punto molti sbagliano. Si traversa a sx senza alzarsi. Viene logico salire dei risalti che sembrano ripuliti e si trova anche un ometto. Abbiamo trovato 1ch in poso strano e 2 calate su pulpiti dove non si poteva proseguire. Bisogna invece stare bassi, anche abbassarsi di 3m dentro un canalino formato da un pilastrino rotto che forma clessidra (friabile). Oltre questo, orizzontalmente, si traversa agevolmente fino alla base del largo canale che caratterizza l’uscita seguita da Detassis. Sosta da attrezzare. 40m, III

L17 – Saliamo nel diedro centrale al canale, poi ci portiamo qualche metro a sx dove c’è un breve tratto verticale. Sosta da attrezzare. 55m, III e IV

L18 – In conserva, saliamo il fondo del canale e ci fermiamo su terrazza (ometti). 30m, II

L19 – Saliamo iniziando dal canale e spostandoci progressivamente verso sx ad ogni cengetta. Sostiamo su spuntone. 60m, III+

L20 – Per breve camino usciamo sullo Spallone Sud. Sosta su spuntone. 20m, III

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Discesa

Si seguono gli ometti per facile cengia sul versante est sotto la cresta. Scesi alcuni metri per un canalino si rinviene una doppia. Ci si cala per 20m (oppure II/III) fin sul fondo di un canale. O lo si scende, o si risale subito sulla sponda opposta (ometto). Scendere per ghiaie verso una salto verticale, quindi seguire gli ometti che portano a traversare a dx. Ci si trova sul bordo di uno stretto e profondo camino, da dove ci si cala con 30m esatti (oppure doppie più corte). Si scende ancora per ghiaie, per traccia evidente, fino ad un nuovo salto. Qui sembra ci siano 2 alternative. Noi ci portiamo a dx dove c’è una nuova calata a spit. Con 20-30m si scende in un canale, quindi per cengia discendente (c’è anche un masso incastrato) si raggiunge la Bocca di Brenta. Da qui a sx si torna al Pedrotti in 5 minuti.
Tempo – 1 ora e 30′ sino al rifugio Tosa-Pedrotti.


Materiale

Una serie di friend dal blu/grigio piccolo al blu grande. Una serie di dadi. Martello e chiodi per emergenza. 1-2 kevlar aperti