Pala di Sòcorda, via Schubert-Werner 

salita del 23 settembre 2017

Il termometro segna 5 gradi a fondovalle ma nel cielo, ancora scuro non c'è una nube. Nonostante questo la nostra convinzione è poca sin dal mattino, quando faticosamente posiamo i piedi fuori dal letto. Questa volta non abbiamo mille pagine di alternative al seguito e saliamo sul pullman verso il Gardeccia consolati solo dalla presenza di altri quattro rocciatori, che arrivati al capolinea proseguono sicuri verso il massiccio centrale del Catinaccio, invece noi prendiamo esattamente la direzione opposta.Il sole fa la sua timida comparsa dietro lo spigolo iniziando a riscaldare la valle del Vajolet mentre raggiungiamo velocemente l'attacco della nostra via equipaggiati come per la più dura delle invernali, malgrado sia ben poca la nostra disposizione a scalare al di sotto di certe temperature.Percorro buona parte del primo tiro con una lentezza disarmante, ma appena fuori dalle difficoltà avverto un piacevole tepore, la parete si appoggia leggermente su delicate zolle erbose, così  corro verso l'assolata sosta.Da questo punto in sù le ore volano via veloci come i metri di corda ed i tiri, ritmicamente intervallati da comode cenge di roccette ed erba, momenti di sosta accoglienti e segni della modesta quota cui ci troviamo.

Luca sull'estetico secondo tiro, in vista del Catinaccio

Il percorso si snoda per atletici diedri e fessure, logico e quasi sempre verticale, serpeggia nel mezzo di articolate intelaiature di una pietra aranciata, che oggi contrasta perfettamente con con il verde olivastro dei cespugli che tappezzano la parete, creando un'insolito pattern autunnale. Il cielo terso e le tonalità smorzate della valle calzano a pennello con la sensazione di calma che assaporo salendo, come ascoltando una melodia pacata, a tratti malinconica.

Chissà quali furono le sensazioni dei primi salitori nello scoprire questa linea appartata, fra le rocce solo in apparenza scomposte di questa parete, così palesemente vicina, eppure così defilata rispetto alle cime più importanti, tanto da passare inosservata alle migliaia di occhi curiosi dietro i finestrini del pullman che ogni mezz'ora gli passa proprio davanti.
Pit Schubert e Klaus Werner salirono nell'agosto del 1970 per ben due volte e nell'arco di poco più di una settimana sulla Pala di Sòcorda, tracciando due linee, simili per difficoltà e dirittura, una sullo spigolo Sud-Est e l'altra sulla parete Sud-Ovest.

sul bel traverso del decimo tiro, in vista dello spigolo

Raggiungiamo l'esile cima senza quasi accorgercene, ed allo stesso modo, dalla cresta frastagliata scendiamo per prati verticali sul lato nord della Pala, sino a trovarci nuovamente sulla strada, ove un pulmann in partenza si ferma a caricarci. Salgo in fretta, il panorama si chiude bruscamente, mentre in lontananza il giardino di Re Laurino si tinge di rosa, rievocando immagini di antiche leggende.

Ci sono delle giornate in cui per qualche imprevedibile gioco del caso ogni cosa si combina nel modo giusto, e quel paranoico nervosismo con cui convivo scompare, metro dopo metro, lasciandomi alla fine una sensazione di autentico appagamento e serenità, oltre ogni significato dato o voluto.
Di rado ho raccolto dal contesto circostante tanti dettagli, sentendomi così parte del fluire sincero delle cose.

la frastagliata cresta della Pala di Sòcorda, vista dalla cima

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