aprile 2015, Sperlonga, parete del Chiromante

Andavamo di struttura in struttura, da un settore all'altro, indagando le diverse conformazioni della roccia, per percorrere gli itinerari che ci sembravano più belli. E poi trovare in ogni piccolo gioco di bilanciamento del peso, l'essenziale euritmia dei movimenti. Perché cosa rimane dell'arrampicata, isolata dal suo ambiente primigenio, se non un susseguirsi di stati di equilibrio del corpo che vanno a comporre la nostra danza verticale? Quello delle falesie è ancora un mondo frequentemente considerato terreno di gioco del puro sforzo muscolare e incapace di trasmettere il senso più romantico ed austero della via in parete, classica o sportiva che sia. Si può sempre tornare indietro, non esistono passaggi obbligati, un contesto che sovente vede nel numero il fattore determinante la bellezza di una via, nonché la forza di chi vi si cimenta. In un tutto soggetto ad un etica autoimposta, di cui ognuno può disporre a proprio piacimento. E tutta quella cultura di grazia ed eleganza? Non sono forse questi gli aspetti che dovrebbero prevalere più che il mero vezzo sportivo finalizzato al superamento del grado? Forse sarebbe sufficiente osservare queste strutture per quello che sono: pareti, ed approcciarsi alla linea spostando il pensiero, dalla cadenzata progressione di lunghezza in lunghezza caratteristica della via lunga, sulla sintesi armonica di equilibri cui essa ci sottopone. Sperlonga, Parete del Chiromante, una delle palestre di roccia più belle della zona. Luogo non privo di storia alpinistica, in cui il Nuovo Mattino si è espresso come anche a Gaeta o sulle rocce di Finale. Sono anche e sopratutto mete tipiche dell'arrampicata più sportiva. Da San Vito Lo Capo a Paklenica, passando per la Croazia tutta, che conserva piccoli gioielli meno frequentati come Brseč e lo splendido anfiteatro di Vela Draga.Denominatore comune, (più o meno vicino): il mare. Quel mare che non diversamente dal cielo si può osservare da una cima, amato dai poeti d'ogni tempo, in inverno, primavera o autunno, non consumato dal turismo di massa, un mare che in queste stagioni “altre” respira, si può sentire, come la roccia, che qui ha un odore diverso, un sapore unico: mediterraneo. Ho assimilato questi luoghi alle sensazioni che l'infinità del mare mi suscitava, e con una precisa idea di viaggio che ho ritrovato nelle suggestioni che giardini di pietra come questi ci hanno offerto. Un viaggiare inteso nella sua accezione più ampia, come sete di conoscenza, necessità di crescita e confronto interiore e ancora come esperienza fatta su pareti in cui l'arrampicare può esprimersi nella sua dimensione più pura, esattamente come accade nelle infinite combinazioni ora lente, ora inquiete del moto delle onde.